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Pinot Nero "Olfattivo"

Pinot Nero "Olfattivo"

La varietà viticola di cui ci occupiamo oggi può essere considerata la matrice che ha dato origine alla viticoltura europea.

Di certo la varietà che in assoluto rappresenta la sfida perenne del vignaiolo e del cantiniere, la condivisione tra la terra, intesa come elemento conosciuto eppur capriccioso, e l’arte pura per la sua espressione sublime.

Impegno e dedizione non sempre proporzionali all’esito finale, autentica croce e delizia! 

L’origine del Pinot è attestata intorno al IV secolo dopo Cristo, evidenziata da un documento di ringraziamento all’imperatore Domiziano, in cui viene citato un famoso vigneto per la sua qualità, situato nella zona nord della Borgogna francese. Considerata da sempre appartenente alle viti selvatiche nate spontaneamente e sottoposte ai primi processi di domesticazione, essa caratterizzava la viticoltura del medio bacino del Reno e dell’Europa centrale; nello specifico il Pinot Nero rappresenta l’origine di una famiglia varietale, i cosiddetti “Noiriens”. Ulteriore indicazione della classificazione selvatica del vitigno è data dalle ridotte dimensioni dei grappoli e degli acini ed al loro grande polimorfismo, al sapore speciale del mosto dove è presente l’antranilato di metile, un composto aromatico tipico della “Vitis Labrusca”.

Il contributo monasteriale nella selezione e diffusione del vitigno spontaneo ha favorito la “nascita e la conoscenza” del Pinot Nero, seppure con nomi diversi con cui è stato identificato per secoli; a tal proposito è fondamentale la descrizione autorale romana di molti secoli prima che individua il vitigno con foglie rotondeggianti (tipiche delle viti selvatiche), che ama i terreni magri per la sua elevata fertilità, che sopporta il freddo e che si conserva con l’invecchiamento. All’inizio del secondo millennio il Pinot era chiamato genericamente “Plant” da pianta o ceppo a cui seguiva il nome della sua provenienza geografica, più tardi si aggiunse il nome del colore dei tralci: Plant Gris con grappoli piccoli e vino di modesta qualità e Plant Dorè, più precoce nella maturazione che forniva i vini migliori.

L’Ottocento è il periodo dello splendore ampelografico che mette in evidenza la caratteristica originale del vitigno, e cioè la sua grande variabilità intravarietale che consente di identificare più di cinquanta tipologie di Pinots, differenti per aspetto delle foglie, colore della bacca, del succo, della produttività, della precocità e perfino del nome del selezionatore. Tanto che negli anni successivi in Borgogna e in Champagne compaiono le tipologie “attuali”, che vengono classificate in vari gruppi di appartenenza, e di cui quello principale è definito “gruppo dei Pinots Neri Tipici”. Oggi si considera una classificazione più semplice che distingue i “tipi fini” soprattutto per la produzione di vini rossi e i “tipi produttivi” in genere per gli spumanti.

La Francia è la culla nobile del vitigno, i vini sono classici e memorabili, e il rosso di Borgogna ne è il simbolo! Il punto aromatico di base dei rossi di Borgogna, e di molti altri Pinot Neri, si attesta su spiccate note di cassis (ribes nero), amarena, ciliegia, lo sviluppo varietale del bouquet può amplificarsi con note di agrumi, di menta e di cera. L’evoluzione può spingere verso aromi foxy (“pollaio”) che alcuni considerano un tratto di tipicità ed eleganza di questo vitigno, ma che in realtà possono costituire un difetto se troppo marcati. Vino da vitigno con traiettoria olfattiva nitida in gioventù, dimostra un carattere evolutivo del timbro odoroso che include articolazione e stimolo del piacere edonistico: frutta rossa a drupe, violetta e ciclamino, chiodi di garofano e noce moscata, cuoio e rabarbaro, sandalo e incenso, funghi secchi e foglie, note tartufate. 

Le bollicine Champenoise hanno catalizzato un profilo sicuro e definito: note aromatiche di piccole bacche, pompelmo e chiodi di garofano. Funghi e tabacco per i Crus più prestigiosi.

Lo stile “austro-germanico” regala vini rossi più caldi rispetto ai rossi di Borgogna, con note di ciliegie scure. Sono eleganti i vini del Valais svizzero con note di fiori rossi. Autentici i vini tedeschi della confederazione prodotti in prossimità del Reno con note di pesca, e di prugna.

Il nuovo mondo vinicolo ha tracciato altri orizzonti del vitigno con risultati sensazionali: in primo piano gli Stati Uniti con Oregon (Willamette Valley), che per qualità e complessità ha raggiunto l’eccellenza dei Pinot francesi, e California (contee di Sonoma e Mendocino); l’Australia e la Nuova Zelanda con declinazione di vini in stile; il Sud Africa con i migliori vigneti lungo le pendici più consone; altre micro-aree sono state sensibilizzate per la sfida verso la qualità.

L’importazione in Italia all’inizio ha registrato una diffusione lungo tutta la penisola grazie alla costante produttività e l’elevato tenore zuccherino; sul piano enologico di solito veniva utilizzato con altre varietà vanificandone il valore reale e, negli ambienti più caldi dell’Italia meridionale addirittura beccato dagli uccelli a causa della precoce maturazione. Quindi nel periodo post-fillossera subisce una contrazione delle aree di coltivazione attestandosi soprattutto nelle regioni settentrionali.

L’Oltrepò pavese rappresenta il terzo bacino al mondo per produzione di Pinot Nero declinato in bianco come spumante e in rosso; l’elevato tenore in argilla dei terreni con calcare alle quote più elevate evocano un profilo aromatico con suggestioni di frutta rossa anche matura (Es. prugna) e spezie dolci (Es. cannella).

Il Trentino-Alto Adige con il suo clima temperato e adeguate altitudini consente di registrare una produzione del Pinot Nero che si accosta per descrizioni odorose a quella transalpina, con netta florealità a petali, frutti di bosco, indici balsamici, scorze di agrumi e tocchi minerali, seppur senza raggiungere le vette dei migliori Climats borgognoni.

Il Friuli e il Veneto orientale hanno mostrato interesse per la varietà con risultati soddisfacenti soprattutto in alcune aree del Collio.

Di notevole interesse sensoriale il Pinot Nero della Valle d’Aosta dove trova un habitat ideale nella valle centrale del territorio. In questa area il vino prende caratteristiche distintive al punto di poterlo definire un Pinot Nero “Alpino”, con profumi molto fini ed eleganti che coniugano effluvi classici alternati a spunti di erbe aromatiche (Es. rosmarino e timo) e di radici.

Ed è cosi che percorrendo lo stivale si recensisce una particolare predilezione nella bassa Toscana, nelle Marche e in Sicilia.

Ricordando l’esordio di questo articolo, sono diversi i problemi di natura colturale che fanno del Pinot Nero un vitigno molto difficile da coltivare e da vinificare. Alcuni aspetti di questo tipo riguardano l’elevata vigoria, la sensibilità alla botrite e all’oidio e altro ancora che limitano il raggio d’azione per espressione qualitativa del vitigno e del vino. Il clima ne condiziona la qualità: i Pinot Neri provenienti da annate/aree particolarmente calde sviluppano sentori di frutta matura e pepe, ma perdono in “coordinazione” aromatica e risultano meno fini ed eleganti. L’affinamento in botti di legno può portare a risultati eccellenti, ma è un processo che richiede molta abilità. Infatti, il Pinot Nero “subisce” molto l’azione del legno dei contenitori in cui viene affinato: risulta quindi particolarmente difficile da raggiungere l’equilibrio tra il quadro olfattivo dei tipici frutti rossi, e le note aromatiche caratteristiche delle diverse tipologie di legno e dei diversi contenitori. Esigente anche nella scelta dei cloni e nella cura meticolosa in vigna e in cantina, è il vitigno che meglio sa esprimere nel vino i segreti più intimi di un terroir e la sensibilità di chi lo trasforma da frutto a nettare enoico.

“Il ne supporte aucune médiocrité”, una dichiarazione borgognona che sintetizza la natura e l’essenza stessa del Pinot Nero.

Versatile sì, ma differente dagli altri, una sorta di prototipo antitetico del vino rosso tradizionale. Il Pinot Nero che genera i migliori vini, facilmente può portare a risultati pessimi, senza vie di mezzo.

In tutto questo “giro-aromi” appare utile e originale apprendere la convinzione che illustra un quadro in cui il Pinot Nero non ha un proprio profilo, o meglio non dovrebbe averlo!

Il “Pinoteggiare” è un dispregiativo del termine, valido solo per i vini meno focalizzati… ciò che esprime mal si coniuga con il sito di coltivazione e di crescita; nella sostanza i grandi vini da Pinot Nero devono riflettere l’essenzialità del luogo, cioè il clima, il terreno, l’esperienza. 

Luisito Perazzo