La percezione degli odori è un processo complesso e altamente soggettivo, influenzato da una combinazione di fattori fisiologici, genetici, psicologici e culturali.
Un esempio emblematico di questa variabilità è rappresentato dalla molecola del 2-nonenale, un’aldeide che si trova in molte bevande e alimenti. Quando si chiede a diverse persone di descrivere l'odore di questa molecola, le risposte possono variare notevolmente: alcuni lo associano a un aroma di cetriolo o vegetale, altri possono percepire note di melone, speziato, muffa, cimice, mentre altri ancora potrebbero non riconoscerlo affatto. Questa diversità nelle descrizioni solleva una domanda interessante: perché la stessa molecola olfattiva suscita descrittori semantici così diversi? Le motivazioni sono varie: con il cambio di intensità della molecola cambia la percezione olfattiva; ci sono differenze individuali nella soglia olfattiva; sulla percezione influiscono le emozioni e le esperienze di ognuno di noi.
A differenza della vista, dove un colore rimane costante indipendentemente dalla sua intensità (dipende dalla lunghezza dell’onda luminosa riflessa), la percezione olfattiva può cambiare qualitativamente al variare della concentrazione della molecola odorosa. Ne è un esempio il furaneolo, una molecola che a basse concentrazioni può essere percepita con un aroma di fragola, mentre a concentrazioni più elevate può assumere note di caramello, ovvero vira in un odore completamente diverso. Questo fenomeno indica che l'intensità dell'odore non influisce solo sulla sua forza, ma può alterarne completamente la qualità percepita.
Ogni individuo, poi, possiede una sensibilità olfattiva unica, determinata da fattori genetici e ambientali. Questa variabilità significa che la concentrazione minima di una molecola necessaria per essere percepita—nota come soglia olfattiva—varia da persona a persona. Di conseguenza, mentre una persona può rilevare l'aroma della fragola a una certa concentrazione, un'altra potrebbe non percepirlo affatto o identificarlo come un odore diverso. Questa differenza nella soglia olfattiva contribuisce alla diversità delle descrizioni per la stessa molecola odorosa o alla non-percezione della stessa. Si sa, inoltre, che la soglia olfattiva varia nel tempo in ogni persona: pertanto una persona che oggi sentisse e descrivesse il 2-nonenale come cetriolo, domani potrebbe sentirlo come erba a seconda delle condizioni psicofisiche. Ma non finisce qui: la nostra sensibilità agli odori può cambiare nel tempo a causa di fattori come l'adattamento olfattivo, dove l'esposizione prolungata a un odore specifico riduce la nostra capacità di percepirlo. Ad esempio, una persona che lavora quotidianamente in una pasticceria potrebbe diventare meno sensibile all'aroma della vanillina rispetto a qualcuno che lo incontra raramente. Inoltre, condizioni fisiologiche come cambiamenti ormonali, età o stato di salute, possono influenzare la percezione olfattiva, portando a descrizioni diverse dello stesso odore in momenti differenti della propria vita.
Un altro motivo della diversità delle descrizioni olfattive sta nel fatto che le esperienze personali e le associazioni emotive giocano un ruolo cruciale nella percezione degli odori. L'olfatto è strettamente legato al sistema limbico, la parte del cervello responsabile delle emozioni e della memoria. È interessante portare alla luce l’esempio della molecola di eugenolo. Questa molecola si trova sia in alcuni medicinali, per esempio per la cura dei denti, sia in alcune pietanze a base di chiodi di garofano. Per questo è facilmente riconoscibile anche alla cieca da molte persone, ma può ricordare emozioni molto differenti: alcuni possono associare il suo aroma al dentista, e altri alla buona cucina. Entrambe queste descrizioni sono valide. Pertanto, un individuo che ha ricordi piacevoli legati all'aroma dei chiodi di garofano potrebbe descrivere questo odore come confortante e stimolante. Al contrario, una persona che avesse avuto esperienze negative associate a questo aroma potrebbe percepirlo in modo meno gradevole. Queste associazioni personali mnemoniche di una molecola ad un’etichetta semantica dipendono dall’esperienza che abbiamo avuto quando l’abbiamo percepita e in particolare dalla qualità e dall’intensità dell’emozione provata in quel momento. A seconda di cosa è rimasto più impresso nella nostra memoria emotiva, descriveremo l’odore come “ospedale/dentista” o come “chiodi di garofano/spezie”.
Bisogna considerare poi che l’olfatto è un senso potentissimo, ma non è possibile identificare un odore se non lo si è sentito in precedenza e se non gli si è dato un nome, così come sarebbe impossibile dare un nome ad una canzone che non avessimo mai ascoltato prima. Pertanto, il nostro cervello abbinerà a un nuovo odore il ricordo che più gli si avvicinerà. Per questo motivo, per ampliare la nostra “biblioteca di odori” è utile allenare la memoria olfattiva, così come fin da piccoli ci siamo allenati a modulare i suoni per comporre le parole o a coordinare i movimenti per potere camminare, ad utilizzare la vista per conoscere oggetti sconosciuti o a suonare uno strumento per anni in modo da diventare dei buoni musicisti.
Da tutto questo si capisce come la percezione degli odori sia un processo complicato, soggettivo e modellato da una complessa interazione di fattori fisiologici, genetici, esperienziali e culturali. Come abbiamo visto, la stessa molecola può evocare sensazioni e interpretazioni diverse tra gli individui. Proprio per questi motivi, allenare l’olfatto si deve e si può: è un processo stimolante che porterà ad avere notevoli miglioramenti nel tempo.