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Il Sakè: la magia di un rituale d’Oriente.

Il Sakè: la magia di un rituale d’Oriente.

Il sakè è una bevanda giapponese ottenuta dal riso.
Gli ingredienti principali sono appunto il riso, l’acqua, un fungo denominato koji (la cui funzione è quella di trasformare l’amido del riso in zuccheri e avviare quindi la fermentazione) e lieviti naturali simili a quelli che si usano per fare il pane.

Esistono vari tipi di sakè. La sua gradazione alcolica si accosta a quella del vino, oscillando tra i 12° e il 18°.
Il sakè può essere bevuto freddo, a temperatura ambiente, oppure caldo, come spesso viene servito a fine pasto nei ristoranti orientali.

I tipi diversi di sakè si differenziano in base a due caratteristiche: il livello di levigatura del riso e l’aggiunta o meno, a fine procedimento, di alcool.

La levigatura è un processo che serve a togliere parti del riso quali, ad esempio, alcuni tipi di proteine che possono incidere sul sapore del prodotto finale. Dal chicco di riso grezzo quindi viene tolta la parte esterna in maniera più importante rispetto a quanto avviene per il riso che si consuma a tavola.
Una maggiore levigatura, o raffinazione, del chicco di riso porta a sapori più leggeri e rotondi, mentre lasciare una presenza più importante di grassi, proteine e amido regala al prodotto finale aromi più decisi e persistenti.

L’alcool si aggiunge a fine processo produttivo con lo scopo di dare al sakè un sapore più deciso, più persistente.

AROMI

Queste lavorazioni influiscono molto sull’aroma finale del prodotto.
Come per il vino, anche per il sakè esistono dei rituali di degustazione per scoprire bouquet nascosti e rivelare gusti secondari, allenando il naso a scoprire le sfaccettature che l’unione di questi pochi ma specifici ingredienti possono regalare.

Troviamo ad esempio aromi fruttati (mela, pera e frutti tropicali in prevalenza) in sakè dal livello di raffinatura molto alto e realizzati con specifici metodi di fermentazione a temperature medio-basse. È il lievito a farla da padrone nella realizzazione di queste note dolci e corpose.

I sakè invecchiati a lungo invece riportano aromi più speziati e invernali, come cannella e chiodi di garofano. La forte componente zuccherina apre anche il ventaglio dei sapori di frutta secca, in particolar modo l’aroma di noce.
Queste note variano di intensità in base al tipo di legno dove il sakè ha effettuato il suo processo di maturazione e ovviamente anche ai mesi di invecchiamento totali.
Le botti di cedro, in particolare, donano al sakè un sapore legnoso e agrumato, a volte enfatizzato da profumi di erba verde e di rosa.

Una levigatura meno importante lascia al sakè il sapore tipico del cereale, mentre il fungo koji, specialmente nei sakè “novelli”, predomina sulla scala dei sapori dando quindi al sakè un sapore molto simile a quello dei funghi.
Il lievito invece, soprattutto in particolari condizioni di fermentazione a temperature più alte, riporta nel sakè aromi aciduli (yogurt e aceto) o di latte cagliato, burro, formaggio.

Lo zucchero presente in grande quantità a causa della fermentazione offre poi colori e sapori di caramello, miele, a volte anche salsa di soia. 

TIPI DI SAKÈ

JUNMAI
Sono sakè prodotti senza aggiunta di alcool e si dividono in sottocategorie in base al grado di levigatura del chicco di riso.
I Junmai Ginjo, per esempio, ha un grado di levigatura del 60% (che significa che il 40% del chicco viene eliminato nella fase di raffinatura). Il sapore è delicato, fruttato e floreale.
i Junmai Daiginjo invece hanno un grado di levigatura del 50%, e sono molto raffinati e aromatici.

FUTUSHU
I sakè Futushu sono quelli più prodotti e consumati sia in Giappone che all’estero. Non rientra in una categoria di levigatura specifica e presenta una piccola aggiunta di alcool alla fine del processo di produzione.

HONJOZO
I sakè Honjozo hanno una levigatura minima del 70% e per dare loro maggiore leggerezza e fragranza viene aggiunta una piccola percentuale di alcool. Sono ideali per essere scaldati e presentano un gusto molto deciso e incisivo.

INVECCHIATI
Gli Invecchiati sono chiamati così perché superano i tre anni di invecchiamento, mentre la media di invecchiamento di un sakè varia dai 2 mesi ai 2 anni. Costituiscono una piccolissima sezione della produzione di sakè ma stanno reclutando un numero di appassionati sempre più ampio, aumentando così la loro fetta di occupazione del mercato.

IL SAKÈ A TAVOLA

Ed è proprio grazie a queste varietà che si possono creare mescolando mix di riso più o meno raffinato e quantità diverse di alcool che il sakè si presenta come un accompagnamento molto versatile per il cibo, e non solo per quanto riguarda la cucina giapponese o comunque orientale.

Accostarlo al sushi suona quasi scontato, quindi mettiamo questo connubio al primo posto proprio per la sua, diciamo così, notorietà e affinità geografica. I Junmai elencati prima sono perfetti per essere abbinati ai piatti tipici della cucina giapponese.

I sakè più invecchiati, quelli con una carica sapida più intensa, sono perfetti per essere gustati insieme alle carni rosse, specialmente grigliate. Questo accostamento esalta le note di fumo date dal tipo di cottura e rendendo il sapore della carne più rotondo, pieno e persistente.
Alle carni bianche si consiglia invece di associare sakè più freschi e dalle note meno aromatiche.

Lo stesso discorso si può fare per il pesce, servito sia come portata principale che come accompagnamento per un primo di pasta o un risotto.
Pesci più grassi, o preparati con cotture elaborate e molto saporite, convolano felicemente a nozze con sakè più robusti, serviti a temperatura ambiente, esaltando il sapore del pesce e sgrassando il palato dalla parte più pesante del piatto.
Per quanto riguarda pesci bianchi, dalle preparazioni più leggere, niente di meglio di un sakè leggero come il Junmai Ginjo servito freddo, in calice, per non disturbare il sapore delicato di quello che stiamo gustando.

Anche i cibi piccanti si accompagnano bene al sakè.
Questo accostamento può sia stemperare il carattere forte di un cibo molto speziato, attenuando quindi la sensazione di “bruciore” data da un piatto molto carico di sapori, oppure aiutare a ripulire la bocca spegnendo subito l’inconfondibile effetto dato dai cibi piccanti.

Per merito di questa sua componente alcolica e alla sua versatilità di utilizzo, il sakè è perfetto anche per accompagnare fritti, siano questi di pesce, di carne o di verdura, esaltando la sapidità del piatto e allo stesso tempo rinfrescando il palato.
La stessa cosa vale per i formaggi che sulle nostre tavole sono presenti in grandi quantità e varietà; un sakè invecchiato si sposa perfettamente a formaggi stagionati e saporiti, mentre per i formaggi più freschi, magari a pasta molle, o per quelli prodotti in malga, meglio scegliere un sakè più giovane e leggero per rendere ogni sapore più persistente e deciso.

E come non concludere un pasto se non con un ottimo dolce? Il sakè diventa perfetto anche per chiudere il pasto. Dolci a base di cioccolato chiamano un sakè dal gusto deciso che renda giustizia a tutte le sfumature che il cacao presenta. Per dolci invece più delicati, magari a base di frutta o creme leggere, i più indicati come accompagnamento sono i sakè fruttati.
E se siete amanti del vino moscato da accompagnare magari a dei pasticcini o biscotti più secchi, consigliamo di sperimentare un sakè frizzante: un degno sostituto che può sorprendere voi e i vostri ospiti.

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