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Il sentore di Acacia nel vino

Il sentore di Acacia nel vino

L’eleganza silenziosa che profuma la primavera nel calice

C’è un profumo che non invade, non grida, non impone la sua presenza. È lì, come un ricordo gentile, un fiore sfiorato in una passeggiata di aprile, un accenno di miele tra mille sfumature. È il profumo dell’acacia, uno dei sentori floreali più fini e poetici che si possano trovare in un vino.

Riconoscerlo è un atto di attenzione. Serve un naso allenato, ma anche la predisposizione all’ascolto, alla lentezza, alla degustazione consapevole. Perché l’acacia, nei vini, non si impone mai. Si svela piano, quando il bouquet si apre e ci permette di cogliere le sue note bianche, vellutate, con una punta di dolcezza che sa di primavera e leggerezza.

Il suo nome botanico è Robinia pseudoacacia, anche se nel linguaggio comune la chiamiamo semplicemente “acacia”. Originaria del Nord America, è arrivata in Europa diversi secoli fa e si è ambientata perfettamente nei nostri climi. I suoi fiori, bianchi e raccolti in grappoli pendenti, compaiono tra aprile e maggio e inondano l’aria con un profumo inconfondibile: delicato, ma persistente. La robinia pseudoacacia è usata anche in falegnameria (legno duro e resistente), in apicoltura (per il celebre miele di acacia), e persino come pianta ornamentale. I suoi fiori sono commestibili e utilizzati in frittelle, risotti o insalate in molte cucine tradizionali italiane, specialmente in primavera. Nella simbolica floreale, l’acacia rappresenta la rinascita, la purezza e la riservatezza. È il fiore che non urla, ma che resta. E proprio quel profumo – morbido, dolce, leggermente mandorlato – è ciò che ritroviamo in alcuni dei migliori vini bianchi, italiani e non solo.

Ma da dove nasce questo profumo nel vino? Come per molti altri aromi floreali, tutto parte dall’uva e dalla sua naturale dotazione aromatica. Alcune uve, come la Garganega, il Verdicchio, il Fiano o il Cortese, tendono a svilupparlo con una certa frequenza, specialmente se coltivate in condizioni favorevoli. Climi con forti escursioni termiche tra giorno e notte, suoli leggeri e calcarei, vigneti in collina: sono questi gli ambienti che aiutano le molecole aromatiche a fissarsi nella buccia dell’uva, per poi trasferirsi, in vinificazione, nel vino.

Il profumo di acacia si riconosce per la sua eleganza discreta. Non è dolce come il gelsomino, né pungente come il tiglio. È un profumo che ricorda la panna, la cera d’api, il miele leggero, con un tocco di mandorla bianca. È rotondo e pulito, spesso accompagnato da note di pera o mela, oppure, nei vini più strutturati, da leggere sfumature minerali. Non a caso, è uno degli aromi più ricercati dai degustatori che amano l’equilibrio e la finezza.

Si ritrova in molte denominazioni italiane d’eccellenza. Nel Soave Classico, ad esempio, l’acacia è una delle note distintive del bouquet. Anche nel Verdicchio dei Castelli di Jesi, specialmente nelle versioni Riserva, questo profumo floreale emerge tra erbe fini e mandorla amara. Nel Gavi, fatto con uva Cortese, il sentore di acacia può arricchire il profilo fresco e citrino del vino con una nota gentile. E ancora, nel Fiano di Avellino, l’acacia si esprime con accenti che ricordano anche la zagara, specie nei vini più giovani e freschi.

L’aroma di acacia è presente anche nei Riesling della Mosella, nei Chenin Blanc della Loira, e in alcuni Albariño spagnoli coltivati vicino all’oceano. Anche il Grüner Veltliner austriaco, nei suoi profili più delicati, può sorprendere con note di fiori bianchi che sfiorano la mimosa e l’acacia.

A livello molecolare, questo aroma nasce dalla presenza di composti aromatici come il benzilacetato, il linalolo e il feniletanolo, che insieme creano un profumo che possiamo definire “pulito”, quasi etereo. Sono le stesse molecole che si ritrovano anche in profumi floreali di alta gamma, o nei mieli più raffinati.

E c’è qualcosa di profondamente romantico nella presenza dell’acacia nel vino. È come se il fiore, dopo essere stato colto dalla brezza, si fosse posato nel calice. Lo si avverte quando il vino è giovane e integro, ma anche quando ha già qualche anno sulle spalle, e quella nota floreale si fa più morbida, più profonda, più cangiante.

Degustare un vino con sentore di acacia è un invito alla calma. È un esercizio di sensibilità. È una celebrazione della bellezza che non ha bisogno di eccessi per farsi notare. E una volta che la si riconosce, sarà impossibile dimenticarla.

 


 

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