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La poesia dell'Olfatto.

La poesia dell'Olfatto.

In questa missione che stiamo svolgendo per ridare all’olfatto la dignità che merita, è giusto andare a scavare un po’ nella storia della letteratura per vedere che questo senso messo così in disparte e tenuto poco in considerazione, nella poesia, nella narrativa, nell’arte in generale invece ha sempre trovato il suo spazio.

Nella parola scritta, sia questa in versi o in prosa, i riferimenti agli odori sono sempre forieri di messaggi e sensazioni. Difficilmente si parla di un profumo, o al contrario di un olezzo, senza che a questo dettaglio sia collegato uno stato d’animo, o ancora di più un ricordo.

La scrittrice Giovanna Zucconi, in un’intervista a dedicata proprio agli scenari olfattivi, dice testualmente: “I profumi servono a evocare luoghi, a ritrarre personaggi, a toccare le corde dell’emozione”. A volte, quindi, sono utilizzati dagli artisti come espediente letterario per descrivere qualcosa che in altro modo non si potrebbe comunicare.

Prendiamo un esempio arcinoto, che anche chi non proviene da studi specifici di certo conoscerà: la famigerata madeleine di Proust. Qui abbiamo la memoria che associa un profumo ad un momento specifico della vita del protagonista de La ricerca del tempo perduto. E quante volte anche noi ci siamo scontrati con la nostra madeleine personale, che può essere un cibo, una bevanda, ma anche non necessariamente qualcosa che si mangia. Ad esempio, a me l’odore dell’osmanto che fiorisce all’inizio dell’autunno ricorda il primo mese di scuola, quando si usciva presto e si andava a prendere l’autobus di corsa.

Per fare un altro esempio noto, Andrea Camilleri nei suoi coinvolgenti libri usa spessissimo riferimenti agli odori delle persone anche per enfatizzare dettagli del loro carattere o del loro aspetto fisico. Donne procaci dai profumi voluttuosi, avvocati disonesti che emanano afrori fastidiosamente dolciastri.

Scavando un po’ nel tempo, ma non troppo, abbiamo un’intera opera che parla di profumo e di ossessione, ed è, appunto, Il profumo di Patrick Suskind. C’è poco di soave in questa storia, a parte, appunto, gli effetti anche devastanti che i profumi possono avere sulla psiche umana. Il protagonista è un essere privo di odore ma dall’olfatto potentissimo, e dedica la sua vita fatta di rinunce, angherie, crimini, alla ricerca del profumo perfetto, coinvolgente e inebriante tanto da far perdere ogni tipo di freno inibitorio a chi lo annusa.
Non aggiungo altri dettagli per non rovinarvi un’eventuale lettura, ma il modo in cui l’olfatto viene trattato in questa opera un po’ in bilico tra il thriller ed un romanzo di deformazione è sublime.

Anche Shakespeare era un grandissimo estimatore ed utilizzatore dei riferimenti olfattivi; in quasi tutti i suoi scritti si trova un cenno ad un profumo. Il timo, il rosmarino, il fico, la vaniglia. Basta pensare a quanti parchi esistono in giro per il mondo a lui dedicati che contengono almeno una di queste piante.
Il nostro Gabriele D’Annunzio pare abbia preso ispirazione proprio da lui nello scrivere strizzando spesso l’occhio al naso ed alle sue potenzialità; il capolavoro La pioggia nel pineto è un tripudio di omaggi a tutti i sensi, ma in primo luogo sono gli odori, quelli che tendiamo ad evocare nella testa mentre leggiamo o ascoltiamo quei versi.

Non stiamo quindi inventando niente di nuovo con il nostro lavoro; l’olfatto ha una collocazione nell’arco del tempo che affonda le radici fin dai tempi di Aristofane.
Riteniamo quindi giusto portare avanti, a modo nostro, la letteratura che lo riguarda.