La mandorla è il seme commestibile del Prunus dulcis, albero appartenente alla famiglia delle Rosaceae, come il ciliegio e il pesco. Fiorisce tra febbraio e aprile, coprendosi di fiori bianchi o rosati ben prima che spuntino le foglie: uno spettacolo che in Sicilia, in Spagna o nel sud della Francia è sinonimo stesso di primavera.
Originaria dell’Asia centrale, la mandorla veniva coltivata già nell’antico Egitto, dove era considerata un frutto sacro. I Greci la diffusero nel bacino mediterraneo, i Romani la chiamavano “nux Graeca” (noce greca), e da allora è diventata parte integrante della cultura gastronomica mediterranea.
Le mandorle possono essere dolci (commestibili) o amare, contenenti amigdalina, una sostanza che può liberare acido cianidrico se ingerita in quantità. Tuttavia, è proprio l’aroma della mandorla amara — più intenso e riconoscibile — ad aver ispirato liquori (come l’Amaretto), dolci (come il marzapane) e… note aromatiche nei vini!
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Il sentore tipico di mandorla amara nei vini è dovuto principalmente alla benzaldeide, una molecola organica appartenente alla famiglia degli aldeidi aromatici.
La benzaldeide si sviluppa naturalmente in molti processi fermentativi e di invecchiamento: può derivare dalla degradazione dell’amigdalina (in presenza di ossigeno) o dalla fermentazione di lieviti in condizioni particolari. Anche il contatto prolungato con le fecce o il legno può esaltarla.
Nel vino, la mandorla si presenta sotto forma di note amare, secche, talvolta leggermente ossidative, che arricchiscono la complessità del bouquet.
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Possiamo riscontrare il sentore di mandorla principalmente nei vini bianchi. Di seguito alcuni esempi:
- Il Verdicchio dei Castelli di Jesi e di Matelica (Marche) è forse il vino italiano per eccellenza in cui il sentore di mandorla è un “marchio di fabbrica”. Può essere percepito anche in versione secca, riserva o passita.
- Anche il Soave Classico (Veneto), nelle versioni più strutturate e complesse, specie da uva Garganega con qualche anno di affinamento, emerge una chiara nota di mandorla amara.
- Il Fiano di Avellino (Campania) spesso offre, oltre a note di nocciola tostata, anche una leggera percezione di mandorla, soprattutto nelle versioni non troppo giovani.
- I bianchi galiziani prodotti da uva di Godello vitigno possono offrire eleganti note mandorlate, specie quando affinati sui lieviti.
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Chardonnay invecchiati (Borgogna, Australia, USA)
In alcune versioni evolute o leggermente ossidative, il sentore di mandorla si può affiancare a burro, nocciola e pane tostato.
Più raro, ma possibile, alcuni vini rossi leggeri e particolarmente ossidati possono sviluppare note simili, specie se affinati in botti grandi e con micro-ossigenazione. - Nel Vin Santo (Toscana) e nel Marsala Vergine la mandorla amara può essere parte del profilo aromatico maturo e ossidativo, contribuendo all’eleganza e alla lunghezza gusto-olfattiva.
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La mandorla nell’Olio Extravergine di Oliva
Anche nell’olio EVO il sentore di mandorla è considerato un descrittore positivo. Può manifestarsi in due forme:
- Mandorla dolce: aroma delicato, rotondo, tipico di alcuni oli morbidi come quelli da cultivar Taggiasca o Frantoio.
- Mandorla amara: sensazione più intensa e secca, apprezzata per il suo equilibrio in oli toscani o pugliesi più strutturati.
Il sentore mandorlato è molto ricercato nell’analisi sensoriale dell’olio, perché segnala un buon equilibrio tra fruttato e amarezza.
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Il sentore di mandorla è una delle sfumature più interessanti del vino e dell’olio, e anche una delle più legate alla cultura mediterranea. Evoca fioriture di primavera, dolci antichi, vendemmie lente. È un aroma che si conquista con l’esperienza e che arricchisce ogni degustazione di un pizzico di profondità.
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