La pianta del cacao è originaria del Sud America. Le prime popolazioni ad utilizzarlo e a coltivarlo, appartenevano ad una cultura chiamata Mayo-Chincipe, sviluppatasi attorno al 3.300 a.C., in un’area della foresta amazzonica che oggi fa parte dell’Ecuador. Il cacao veniva utilizzato non tanto per i suoi semi (le fave), quanto per la mucillagine zuccherina che li riveste, consumata al naturale o fatta fermentare per farne una bevanda leggermente alcolica.
Il “grande salto”, ovvero l’utilizzo dei semi che sono amari e astringenti, venne compiuto da una civiltà ubicata più a nord, nel Golfo del Messico, circa 3.000 anni fa: gli Olmechi. Questi impararono a utilizzare le fave per farne una bevanda densa, energetica e stimolante, l’antenato del cioccolato in tazza. La stessa bevanda si ritrova, sostanzialmente invariata, nella successiva civiltà Maya: era ottenuta macinando finemente le fave tostate e mescolandole all’acqua. Prevedeva varie aromatizzazioni con spezie locali (vaniglia, peperoncino, annatto) e fiori, e veniva consumata amara. L’importanza del cacao era tale che le fave venivano usate come moneta di scambio, come unità di calcolo e la bevanda aveva significati simbolici religiosi (sangue umano, grazie al colore rossastro conferito dall’annatto). Il consumo era limitato alle caste più importanti: sovrani, nobili, guerrieri e sacerdoti durante i riti sacri.Gli Aztechi adottarono il cacao e il Cioccolato, assimilando il modo Maya di prepararlo.
I primi europei ad assaggiare il Cioccolato, sotto forma di bevanda, furono i Conquistadores spagnoli di Hernán Cortés, dopo il loro sbarco nello Yucatan. Dapprima esso non riscontrò un grande successo, probabilmente per la sua amarezza e per il suo aroma insolito. Salvo essere apprezzato dopo, come del resto fecero tutti i coloni, una volta che si pensò di addolcirlo con lo zucchero. Il Cioccolato divenne rapidamente di gran moda nelle colonie spagnole e fu introdotto alla corte reale di Spagna nei primi decenni del ‘500. Inizialmente considerato alla stregua di una medicina, si trasformò presto in una prelibatezza e fu consumato alla Corte per circa un secolo, in regime di monopolio.
Nel 1615, quando l’Infanta di Spagna Anna d’Austria sposò il re di Francia Luigi XIII, il Cioccolato fu portato in Francia e da lì si diffuse in tutte le Corti reali, nell’alta società d’Europa, divenne uno status symbol, un’abitudine elegante. Già prima però il Cioccolato stava circolando “sottotraccia” in tutta Europa, nella rete conventuale e tra gli ordini religiosi.
Per centinaia di anni quello che è uno dei cibi più voluttuosi di tutti i tempi, il Cioccolato, venne consumato solo in forma liquida, come bevanda: la cioccolata.
Bisogna attendere fino al 1847 perché, in Inghilterra, Fry & Sons produca la prima tavoletta solida, mescolando massa di cacao, zucchero e burro di cacao. La precondizione per creare questo prodotto, fu però l’invenzione di un sistema per separare il burro di cacao dalla massa, brevettato nel 1828 dall’olandese Conrad Van Houten, grazie ad una pressa idraulica.L’altro prodotto risultante era il cacao in polvere.
Nel 1867 in Svizzera venne creato il primo Cioccolato al Latte, dalla collaborazione tra M.D. Peter e Henry Nestlè. Nel 1879, sempre in Svizzera, Rudolphe Lindt introdusse il procedimento del concaggio, il penultimo passo verso il Cioccolato moderno. L’ultimo passaggio fu l’introduzione delle raffinatrici a rulli, ad inizio ‘900, che consentì di avere un Cioccolato in cui non si avverte la granulosità.
Nacque quindi l’arte del Cioccolato inteso come ai giorni nostri, non più solo come medicina o “pozione”, ma come pasticcino, come boccone squisito, alimento piccolo, frivolo e ghiotto.